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L’educazione civica come materia scolastica curricolare è fondamentale per il rilancio economico e culturale del nostro Paese.

Paradosso? No. Anzi, il recupero dei valori fondanti di un territorio diviene essenziale ed occorre sempre più preoccuparsi di una San Marino senza radici, perché perdendo il nostro passato perdiamo anche il nostro futuro.

 

Recenti studi di economisti hanno dimostrato che quella che può sembrare, a primo impatto, una mera questione idealista, è in realtà fondamentale per lo sviluppo di un territorio: oggi un investitore preferisce “investire un euro” in un territorio che abbia regole chiare e precise, oltre ad un contesto in cui sia facile e veloce operare, perché questo gli garantisce stabilità per i suoi investimenti. Non solo, è necessario che l’investitore, così come il cittadino, sentano un reale attaccamento al territorio in cui vivono ed operano, dando il loro contributo per la crescita del Paese. Conseguentemente, iniziative come quelle che rivorrebbero l’Educazione Civica come materia scolastica curriculare, non possono essere superficialmente trascurate e scartate con l’etichetta di operazioni politiche nostalgiche dei tempi che furono, ma vanno intese come riforme necessarie per rafforzare l’identità di un Popolo e di un territorio in cui si possa investire con maggiori certezze.

 

La prima convinzione con cui molti sono cresciuti è che fare economia significhi solo fare soldi. La nostra amata terra ne è la testimonianza concreta: dove sono arrivati i soldi non necessariamente si è creato sviluppo. Questo accade perché si tende a confondere la crescita con lo sviluppo: la crescita indica quanto aumenta la produzione o il consumo di beni in un territorio in un certo periodo di tempo, ma trascura come questi vengano creati, lo sviluppo invece indica il processo di cambiamento dell’economia di un intero Paese in più settori strategici quali il capitale umano, le infrastrutture critiche, la competitività, la sicurezza, la salute, i servizi.

Il risultato di tutto ciò, è che io da un investimento potrei ottenere un facile e veloce guadagno che benefici me soltanto, anziché rendere tale investimento una occasione di crescita e sviluppo per la collettività, venendo così meno le basi di un’economia di Paese che viene sacrificata per il benessere dei singoli. Oggi ne vediamo i risultati: venendo meno, tra gli anni 2008 e 2010, i presupposti che avevano consentito una facile (e incontrollata) crescita economica dei singoli – e solo di riflesso del Paese -, oggi il sistema intero è in crisi e la politica non ha saputo individuare nuove basi su cui fondare le proprie strategie per una crescita collettiva.

La rivoluzione del pensiero economico di domani nel nostro territorio deve essere proprio questa: attrarre nuovi produttori di economia, sviluppare e rilanciare quelli attuali, ma soprattutto tessere profonde relazioni nel territorio per creare uno sviluppo saldamente radicato nei valori ed in una profonda “coscienza di luogo”, come suggerisce Giacomo Becattini, l’inventore dei distretti industriali italiani.

 

La seconda convinzione con cui molti sono cresciuti è che “chi fa da sé fa per tre”, cioè che ciascuno con il sudore della fronte, un po’ di intelligenza e lo spirito di sacrificio se la possa cavare senza bisogno degli altri. In realtà l’avanzare dell’economia va sempre più verso un’ottica di condivisione e di cooperazione che stride sempre più con questa concezione per lo più individualista dell’economia. Le nuove politiche economiche, pensiamo ad internet, sono tipicamente basate su una condivisione del know-how, delle competenze e delle risorse: questo costringe a doversi mettere costantemente in gioco e in discussione. Emerge quindi un nuovo punto chiave dell’economia: non bastano più solo i soldi (capitale finanziario) e nemmeno l’insieme di competenze e conoscenze (cd. “capitale umano”), occorre un capitale nuovo e diverso, un “capitale di connessione”. Il raccogliere un’enorme quantità di informazioni e di operatori rende necessaria una forte capacità di selezione: occorre verificare la correttezza delle informazioni ed avere cura delle relazioni economico-sociali affinché non rimangano fini a se stesse, ma si concretizzino in sviluppo e nuova economia.

 

Ora, per sintetizzare, con tutto questo cosa vogliamo dire?

Non possiamo più pensare di mandare avanti il nostro Paese guardando ciascuno solo al proprio orticello, curandosi soltanto di portare a casa a fine mese lo stipendio, magari anche a discapito di qualcun altro o violando qualche regola che consideriamo poco importante, “tanto lo fanno tutti” oppure “tanto si è sempre fatto così”.

Il Paese ha bisogno di te, caro cittadino, ha bisogno che lavori insieme al tuo vicino di casa, al tuo collega di lavoro, al tuo familiare ed al tuo dirigente, al tuo concorrente sul mercato: non possiamo più accontentarci di fare il minimo indispensabile per portare a casa quanto basta per vivere, perché in questo modo il nostro territorio non si sviluppa e le difficoltà continueranno ad aumentare. È ora di condividere le risorse e rimboccarsi le maniche, tutti quanti, e di fare la propria parte. Ci vorrà un po’ di tempo, ma i benefici arriveranno per tutti: ecco cosa intendiamo con “capitale di connessione”.

 

È ora di far basta con il sopravvivere oggi, occorre iniziare seriamente a costruire il Domani nostro e di chi verrà dopo di noi. Il miglior modo di costruire il Domani, è sceglierlo.

 

DOMANI – Motus Liberi

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